ALLA SCOPERTA DEL SINIS
Una mia regola personale è quella di visitare almeno una volta l’anno un posto nuovo.
Questa selezione di immagini sono state scattate durante un viaggio in solitaria che ho fatto lo scorso anno nel corso del periodo natalizio.
Un breve viaggio in una terra che ha il potere di catturarmi ogni volta che vado a visitarla: la Sardegna.
Chi mi conosce sa che sono sempre stato affascinato dal falco pescatore e uno dei luoghi principali in cui è possibile osservarlo è la Penisola del Sinis.
Così la sera di Natale ho fatto il biglietto e, zainone in spalla, sono partito.
Non sapevo assolutamente cosa aspettarmi. Togliendo i centri abitati, avrò visto si e no una decina persone, per lo più pescatori. Camminai molto e visitai le sue coste perlacee, regno del quarzo, della posidonia spiaggiata, delle grandi dune e della macchia mediterranea.
L’unica cosa che posso dire è che finché i nostri occhi non si perderanno nel suo mare, nelle sue coste, nelle brulle montagne e nella sua incredibile diversità ambientale e culturale, non potremmo mai capacitarci dell’estrema bellezza di questa terra.
Una terra che ha il potere di catturarti e di proiettarti in un mondo senza tempo in cui è possibile ritrovare il tempo, il tempo vero, quello della nostra interiorità. Una terra dietro la cui bellezza e asprezza vi è celata il delicato equilibrio del filo della vita. Una terra in cui esistono luoghi dove l’uomo era ed è ancora parte integrante di questo equilibrio.
Il 31 notte salii sul traghetto per tornare verso il continente (è così che lo chiamano i sardi). La mattina dopo il silenzio del consumato capodanno circondava il porto di Civitavecchia, preludio di un 2020 che avrebbe messo (e continua a mettere) in luce l’ipocrisia della nostra inesistente onnipotenza.
Questa selezione di immagini sono state scattate durante un viaggio in solitaria che ho fatto lo scorso anno nel corso del periodo natalizio.
Un breve viaggio in una terra che ha il potere di catturarmi ogni volta che vado a visitarla: la Sardegna.
Chi mi conosce sa che sono sempre stato affascinato dal falco pescatore e uno dei luoghi principali in cui è possibile osservarlo è la Penisola del Sinis.
Così la sera di Natale ho fatto il biglietto e, zainone in spalla, sono partito.
Non sapevo assolutamente cosa aspettarmi. Togliendo i centri abitati, avrò visto si e no una decina persone, per lo più pescatori. Camminai molto e visitai le sue coste perlacee, regno del quarzo, della posidonia spiaggiata, delle grandi dune e della macchia mediterranea.
L’unica cosa che posso dire è che finché i nostri occhi non si perderanno nel suo mare, nelle sue coste, nelle brulle montagne e nella sua incredibile diversità ambientale e culturale, non potremmo mai capacitarci dell’estrema bellezza di questa terra.
Una terra che ha il potere di catturarti e di proiettarti in un mondo senza tempo in cui è possibile ritrovare il tempo, il tempo vero, quello della nostra interiorità. Una terra dietro la cui bellezza e asprezza vi è celata il delicato equilibrio del filo della vita. Una terra in cui esistono luoghi dove l’uomo era ed è ancora parte integrante di questo equilibrio.
Il 31 notte salii sul traghetto per tornare verso il continente (è così che lo chiamano i sardi). La mattina dopo il silenzio del consumato capodanno circondava il porto di Civitavecchia, preludio di un 2020 che avrebbe messo (e continua a mettere) in luce l’ipocrisia della nostra inesistente onnipotenza.