Imbattersi nel proprio archivio fotografico è un po' come rispolverare i diari di scuola, alcune cose non ce le ricordiamo bene, altre invece ci riportano immediatamente nell’esatto momento in cui abbiamo scritto quel determinato pensiero. Quello che vedete in foto è stato il mio primo orso ripreso durante le attività di conte che il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise svolgeva regolarmente ogni anno. Per me questo periodo rappresentava una sorta di vacanza fatta di meraviglia e condivisione con persone autentiche e realmente appassionate. Era il secondo giorno d’appostamento e fino a quel momento dalla nostra postazione non avevamo visto nessun orso. Nonostante ciò, l’idea di essere in quei luoghi meravigliosi mi rendeva comunque molto soddisfatto. Come dico sempre, l’importante non è vederlo ma è sapere che la terra su cui mi trovo è calpestata dalle sue zampe e che nel vento che soffia c’è un po' del suo odore e del suo respiro.
Mentre setacciavo con il binocolo una piccola radura, ad un certo punto ho visto una grande macchia scura letteralmente immersa in un cespuglio… era proprio lui, intento a gustarsi una grande quantità di bacche di ramno. È inutile dirvi cosa stessi provando, mi è impossibile farlo. Esiste un termine che si chiama “spirito del luogo”, un espressione difficilmente traducibile, poiché non si tratta della sola descrizione di un luogo, ma è qualcosa di percepibile, tangibile e che in un certo senso assume un’innata sacralità. Si tratta di un’identità composta da un’orchestra di canti e silenzi, in un dipinto fatto di colori che si mescolano e mutano in continuazione. Mutano, cambiano forma, ma la sostanza è sempre la stessa e senza di essa tutto sarebbe piatto, asettico e privo di senso. Una sostanza che si chiama biodiversità, una sostanza da cui dipende la vita sulla Terra. Ebbene, quando penso all’Appennino mi è difficile non immagine l’orso, il lupo, l’aquila reale, i grandi faggi, la Rosalia alpina, i pastori e tutti gli altri musicisti che compongono questa splendida orchestra di vita. Spero che questo possa farci riflettere sul fatto che la loro presenza risulta necessaria per la salvaguardia della diversità, complessità e della vitalità dello splendido (e unico) pianeta in cui viviamo. Essa è inoltre essenziale per salvare noi stessi e tutto ciò che ci ha tenuto e ci tiene ancora legati, non solo alla terra, ma anche alla nostra più profonda interiorità. La parte di noi stessi che ancora ci unisce al filo della vita.
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Settembre 2023
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