È difficile descrivere la sensazione che si prova di fronte a un albero plurisecolare. Credo che sia uno degli incontri più solenni che si possano fare in natura. Al cospetto di questi patriarchi i passi si fanno più leggeri, la voce si placa improvvisamente, il respiro è più profondo e lo sguardo si perde nella maestosità di ciò che quell’essere rappresenta per la comunità vegetale, animale, fungina e batterica.
Spesso il bosco è inteso come la somma di un insieme di alberi, ma in realtà si tratta di un organismo estremamente complesso in cui si manifesta il mistero della vita. Un mistero fatto di simbiosi, alternanze di vita e morte, crolli, crescite, decomposizione, respirazione, comunicazione e molto altro ancora rispetto a quanto noi uomini possiamo immaginare. Non esistono alberi solitari e quelli che vediamo o sono stati piantati dall’uomo, oppure, come nel caso di molti boschi e rare foreste presenti nel nostro paese, rappresentano i sopravvissuti di un gruppo originariamente più numeroso. Negli ultimi anni spesso vado a trovare questi vecchi amici sparsi nei luoghi del mio cuore o in altri luoghi mai visitati… e quanto è meraviglioso incontrarli per caso! Una volta al loro cospetto inspiegabilmente ci ritroviamo a confidare le nostre debolezze, paure, sogni e segreti che, al contrario, nella quotidianità teniamo nella pancia fino a farcela scoppiare. Proviamo un senso di ancestrale religiosità cosmica di fronte a tali creature. Ora è tempo di andare, e mentre saluto l’anziano acero montano più mi allontano e più sento un forte senso di perdita, unita alla speranza che un giorno, quando non ci sarò più, un altro viandante come me potrà ammirare una foresta con ancora più saggezza da vivere e tramandare.
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Settembre 2023
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