Orso, chi sei? Di certo non voglio avere la presunzione di saperlo, però mi farebbe piacere condividere e rivivere con tutti voi alcuni attimi di questa breve storia risalente a circa un anno fa. Seduto e zuppo d’acqua, con il binocolo osservo la splendida valle. Intanto i lampi in lontananza rendono la scena meravigliosa, ma allo stesso tempo ricca di tensione ed inquietudine. Durante un gran vortice di pensieri ed emozioni, vedo una macchia scura uscire dalle faggete sottostanti, la quale si avvicina verso la nostra direzione. I battiti del cuore si uniscono al suono incessante e delicato della pioggia. L’orso continua ad avanzare, bagnato e in salita… l’immagine perfetta per descrivere la vita alla quale l’abbiamo relegato.
Dopo un po’ di minuti è salito quasi fino alla mia postazione (sicuramente al suo posto avrei impiegato molto più tempo e fatica). Ora dista circa 40 metri, si gira verso la mia direzione, mi scruta, fiuta l’aria e se ne va. Nel suo proseguire è come se lasciasse un messaggio al vento: “Noi tutti viviamo in questo mondo e siamo meravigliosamente piccoli e inermi. Non c'è motivo di avere la presunzione di dominare e avere il controllo su tutto, è impossibile, oltre che sbagliato. E qualsiasi pietra lanciamo in aria ricadrà sempre sopra le nostre teste". Detto ciò, non posso che ringraziare il possente plantigrado e vorrei farlo utilizzando queste parole, che mai e poi mai potranno avvicinarsi alla mia reale gratitudine: "Grazie orso per avermi tollerato e fatto abbassare lo sguardo, ricordandomi chi sono e soprattutto chi sei tu. Tu che con la tua presenza nobiliti le montagne, orchestri la pioggia e il vento, rendi più misterioso il bosco e fai battere più veloce i nostri cuori, trasmettendoci una sana e preziosa paura. Grazie e perdonaci caro orso. Ebbene, fu dopo quegli attimi indimenticabili che compresi meglio chi fosse l'orso e che cosa vuol dire essere adattabili. Spesso ci penso a cosa sia realmente l’adattabilità. Noi uomini crediamo di essere adattabili… e sicuramente lo siamo. Ma la nostra “adattabilità” quasi sempre ha previsto l’eliminazione o l'esclusione di qualcun altro, solo perché quest’ultimo, come nel caso dell'orso, ci ha reso emotivamente più fragili, facendo emergere il nostro lato più vero e autentico (e in quanto uomini, sembra che non riusciamo a sopportare la nostra fragilità). Ma soprattutto, questo qualcuno ha toccato risorse o spazi che crediamo essere esclusivamente nostri e di nessun altro. A questo punto mi chiedo, un’adattabilità che non prevede coesistenza e che inevitabilmente conduce alla rovina, può essere considerata tale? L’orso sicuramente ha la risposta… noi no.
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Ottobre 2023
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