Nel periodo storico che contraddistingue questi anni, spesso ho bisogno di tornare nei miei luoghi sicuri, col cuore e con la mente. Quei luoghi in cui nessuno può toccarmi, quei luoghi in cui le lacrime del mio cuore, bagnando il terreno della vita, fanno crescere piante e alberi che danno forza e riparo dall’oscura luce dell’ipocrisia.
Una luce da cui si può rimanere scottati se non stiamo attenti. Una luce che può accecare, che può farci impazzire, che può portare a ferire il prossimo e smembrare il mondo intero. È nel nostro luogo segreto che anche la più profonda oscurità è illuminata da messaggi d’amore, che si fanno sempre sentire quando ci troviamo lì. Quando rivivo le esperienze vissute coi lupi penso sempre a un mondo più emozionante al quale l’uomo ha chiuso le porte. Un mondo in cui il dominio è un concetto lontano, proprio perché è dallo stesso dominio che nascono sempre nuovi bisogni insoddisfatti, che tendono a isolarci, a renderci avidi, egoisti e lontani dall’essere uomini umani. E dalla montagna mi sposto lungo il “mio” fiume Tevere, l’altro, quello da cui ci siamo allontanati, le quali acque mi hanno sussurrato che, nonostante tutto, si può ancora cambiare e migliorare. Ma questo dipenderà da noi, singole gocce d’acqua che insieme potrebbero creare un fiume nel presente che perpetui nel futuro, in un ciclo che è alla base della vita, oppure una piccola pozza destinata a prosciugarsi per sempre. Non dimentichiamoci dei meravigliosi fiumi che abbiamo creato, continuiamo ad alimentarli, non lasciamoli prosciugare.
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Settembre 2023
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