Sto riscendendo da una montagna che amo, una montagna in cui posso respirare il lato grezzo, selvaggio e vero dell’Appennino.
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La sveglia alle 4 non pesa mai quando sappiamo che un’esperienza piena di bellezza ci attende.
Fermarsi sotto la chioma di un albero alimenta in noi un gran senso di silenziosa riverenza, meraviglia e umiltà.
C’erano una volta (e ci sono ancora) migliaia e migliaia di stelle che si guardavano attorno.
Forse più di tutti sono i momenti di transizione tra il giorno e la notte che magicamente ci ricordano della nostra presenza nel mondo, aprendo il sipario alla consapevolezza.
Quanto sei meravigliosa luna, con il tuo volto luminoso che riempie di profonda pace e il tuo misterioso lato oscuro che riempie di domande e che non mostri mai a nessuno, proprio come noi del resto.
Spesso si tende a pensare che per riconnettersi alla natura bisogna necessariamente viaggiare lontano o andare in posti esotici.
Al cospetto di determinati luoghi è come se fossimo seduti sulle lettere di un’infinita poesia.
Spesso molte persone mentre guardano gli altri non stanno realmente guardando l’altro, ma il riflesso di loro stessi e delle loro paure.
Mi trovavo in un tratto di Tevere dove il fiume scorre limpido e deciso con il suo sguardo fatto di magici riflessi e giochi di colore.
Camminando lungo un corso d’acqua, a chi non è mai capitato di imbattersi in un folto sciame di insetti che si intrecciano tra loro?
Nei giorni precedenti la nebbia l’ha fatta da padrona negli altopiani dell’Appennino e l’atmosfera misteriosa, affascinante, tetra e inusuale mi ha spinto ad andare verso il sole per ammirarla dall’alto. È così affascinante, dominata dal mistero, dalle forme sbiadite e dal fascino nel perdere punti di riferimento. Dall’alto le cime delle montagne sembrano isole in un mare e la luce del sole è pronta ad irrompere e squarciare questo strato nebbioso ricco di domande. Lascio che la gratitudine si unisca al vento e al volo dei gracchi, dell’aquila e dei grifoni per ringraziare gli alberi, le rocce, i tramonti e le lune ai quali ho chiesto tanta energia per salvare la vita di una carissima amica che ci stava per lasciare, dall’oggi al domani, senza bussare. Mi ritrovo qui anche perché spesso ho bisogno di leggere nuovi capitoli del libro del mio Io, che continua ad essere scritto, senza mai fermarsi. Mai trascurare le sue pagine, poiché trascurarle equivale a perdere la fedeltà in noi stessi.
Osservare gli eventi e la vita che ci circonda può donarci insegnamenti fondamentali.
Appostato su una prateria d’alta quota dell’Appennino centrale il mio sguardo era ipnotizzato dalla pioggia che cadeva incessante.
Spesso non ci si rende conto delle fortune che si hanno, poiché troppo concentrati su ciò che non abbiamo.
Spesso quando si parla di paesaggio la mente si proietta ad una visione in grande scala, la cosidetta “veduta”.
Ciò che mi affascina maggiormente del periodo dei cervi in amore non sono i maschi vincitori con il loro harem conquistato, ma i vinti, gli sconfitti, coloro che una volta perso lasciano il campo, si isolano.
Scoprire nuovi luoghi, oltre ad essere meraviglioso, è un’esperienza che inevitabilmente porta ad avere un profondo dialogo con noi stessi e con quel determinato territorio.
I due cani che vedete in foto sono Spillo e Fiona. Spillo lo conoscete, è il mio compagno d’avventura, nonché uno dei protagonisti del progetto Tiberis. L’altra faccia del Tevere.
Presso il WEGIL un viaggio alla scoperta di un Tevere che non ti aspetti, "l'altra faccia" del fiume da cui è nata la nostra storia.
"La montagna ci ricorda chi siamo, da dove veniamo e quale sia il nostro posto nel mondo".
Le piogge e la grandine dei giorni precedenti mi hanno ricordato un’ emozionante scena vissuta sul Tevere.
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Ottobre 2023
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